Forse tra vent’anni ricorderemo il 2020 come l’anno in cui il digitale ha fatto un balzo in avanti nelle nostre vite, nelle nostre famiglie e nei nostri comportamenti quotidiani. Complice l’emergenza Covid-19 e il conseguente lockdown, molte attività sono state forzatamente spostate online. Tra gennaio e maggio 2 milioni di italiani hanno utilizzato per la prima volta l’e-commerce per fare la spesa, il triplo rispetto ai 700 mila dell’anno precedente. Otto milioni di italiani si sono convertiti allo smart working, lavorando da casa grazie a computer e connessione web, un numero cresciuto di 16 volte rispetto all’era pre-epidemia.
E nelle imprese? In molte era già diffusa la consapevolezza che la digital transformation fosse importante. Tra le tante urgenze portate dalla pandemia ha avuto un’importanza decisiva quella di organizzare da remoto i flussi di lavoro e il rapporto con i fornitori e i clienti, grazie a nuovi strumenti digitali e alla relativa formazione da erogare online. I dati possono rivelarsi una miniera di informazioni utili a capire che cosa il cliente considera un valore e a offrirgli un prodotto o un servizio in linea con i suoi desideri. In generale si può parlare di due tipi di digitalizzazione in un’azienda: di prodotto o di processo.
Digitalizzare i prodotti: Data driven cooking
Unox, leader nella produzione e commercializzazione di forni professionali e di servizi ad essi correlati, è anche un ottimo esempio di lean enterprise. I manager di Unox stati tra i primi a intuire che i dati potessero essere molto più di un orpello, ma il vero cuore di una nuova generazione di prodotti. Data driven cooking nasce nel 2015 come progetto digital first, dove il dato è il nucleo di valore del servizio. Basta collegare il forno a internet per ricevere una serie di suggerimenti, basati sui dati di utilizzo reali, per aumentare il numero e la tipologia di piatti cotti in forno, con un notevole risparmio sui costi della manodopera.
«Le macchine che produciamo finiscono nelle fabbriche dei nostri clienti, l’unica differenza con altre macchine industriali è che nel nostro caso le fabbriche vengono chiamate cucine» esordisce Nicola Michelon, amministratore delegato di Unox. Se comprare un forno professionale per i clienti è un investimento, in Unox si sono chiesti in che modo il digitale potesse incrementare il ROI, il ritorno di questo investimento. La ricerca è partita da una domanda: perché i forni professionali combinati hanno avuto enorme diffusione nelle cucine di tutto il mondo negli ultimi trent’anni? «Il motivo è che il forno è l’unica macchina che in una cucina professionale lavora senza richiedere la supervisione dell’uomo durante la cottura» spiega Michelon.
Un coach virtuale che incrementa il ROI
Ogni ora di cottura che viene trasferita dal fornello al forno comporta un risparmio medio calcolato in 20 euro di manodopera. Ogni ora in più al giorno di utilizzo del forno, per un ristorante aperto 300 giorni all’anno si traduce in un risparmio di 6 mila euro, permettendo di ripagare il costo dell’investimento in uno o due anni. I dati servono proprio a incentivare questa riconversione. Nel primo periodo successivo all’acquisto, grazie agli algoritmi dell’intelligenza artificiale, Data driven cooking analizza da remoto il modo in cui il forno è utilizzato.
Poi attraverso una app – Data driven cooking coach – suggerisce in che modo si può sfruttare di più la macchina, adattando le proposte alla risposta ottenuta. Se lo chef inizia a utilizzare il programma di cottura della grigliata al forno, l’algoritmo rinforza la proposta con nuove ricette con lo stesso sistema di cottura. Altrimenti punta su altre soluzioni, dall’essiccazione alla cottura al vapore. Il risultato è che dopo tre mesi di Data driven cooking coach il tempo medio di utilizzo del forno cresce del 15%: da 8 a 10 ore di utilizzo medio giornaliero.
Unox riesce così a coniugare incremento del valore percepito dal cliente con un vantaggio in termini di design di prodotto, che è diventato pienamente data driven. Sulla base dei dati di utilizzo di decine di migliaia di forni si ha una chiara fotografia delle feature più apprezzate dai diversi cluster di clienti.
Digitalizzare i processi
Un processo che genera inefficienza e sprechi, se digitalizzato, non si trasforma per magia in un processo efficiente. C’è anzi il rischio che una tecnologia 4.0 vada a sovrapporsi a inefficienze pregresse, duplicando la complessità invece di eliminarla. Ecco perché anche la digital transformation deve essere preparata da un’analisi dei processi interni all’organizzazione: prima si semplificano per quanto possibile i processi, poi si implementa la digitalizzazione dei flussi informativi di questi processi. Digitalizzare flussi che potrebbero essere eliminati è un duplice spreco. I casi di due aziende esemplari ci raccontano come usare le tecnologie 4.0 al servizio di un’ottica lean.
Green Box, un ticket accompagna la produzione dalla A alla Z
Refrigeratori industriali di grandi dimensioni: è questo il core business di Green Box, un’altra impresa italiana eccellente che ha applicato il lean system ai suoi processi. I suoi prodotti sono altamente customizzati, ma sulla base di una serie di elementi standardizzati. Ogni macchinario si deve adattare alle esigenze del cliente, che tipicamente è uno stabilimento industriale che ha caratteristiche specifiche. Qui la digital transformation ha messo al primo posto la creazione di valore per il cliente. E ha collegato, grazie a un unico software MES – Manufacturing Execution System, i dati di ogni fase del processo.
Di ogni passaggio rimane traccia attraverso un sistema di ticketing: il ticket passa dall’ufficio commerciale – dove il responsabile della commessa configura virtualmente il macchinario scegliendo le caratteristiche richieste dal cliente – all’ufficio tecnico per la progettazione, e poi agli acquisti in modo da effettuare l’ordine dei componenti necessari, alla pianificazione della produzione e alle diverse fasi di produzione. Qui il sistema informatizzato rileva tutto, dal numero di ore lavorate alle eventuali difficoltà incontrate.
Unox e il kanban informatizzato. E poi eliminato
Torniamo in casa Unox per raccontare come il primo passo verso la digitalizzazione sia stato rendere i processi semplici, per poi utilizzare i software per far comunicare tra loro le diverse fasi, in modo da garantire un flusso costante di informazioni. È stata impostata la sincronizzazione tra tutte le fasi in cui era possibile farlo: due fasi si dicono sincronizzate quando tra una e l’altra non vi è una scorta, ma le lavorazioni procedono in modo fluido, senza interruzioni.
Dove invece due fasi non si potevano sincronizzare – per motivi legati per esempio a differenti capacità o a una distanza fisica tra due macchinari – si è proceduto a disaccoppiarle. In alcuni casi applicando il kanban, ovvero un sistema pull con ripristino, introducendo tra due fasi una scorta di tutti gli item – i componenti – necessari, dimensionata in base alle esigenze della lavorazione a valle. La gestione del kanban è stata poi informatizzata: il cartellino applicato al contenitore, che comunica la domanda di materiale al fornitore a valle, è sia fisico sia elettronico, perché ne viene tenuta traccia nel sistema informatico di supporto.
In altri casi il disaccoppiamento tra le fasi è organizzato con un sistema syncro con buffer: le lavorazioni a valle inviano a monte, con qualche ora di anticipo, un’informazione elettronica con il la sequenza di componenti di cui necessiteranno durante la giornata. In questo modo si producono just in time le quantità necessarie agli output richiesti dal mercato.